“Ogni papà è un artista” di Alberto Moioli
Ci sono storie che l’arte ha raccontato con la delicatezza di un soffio e la forza di un monumento. La figura del papà è una di queste, una delle storie più belle che l’umanità abbia mai scritto con il pennello e con lo scalpello, con la luce e con il colore. Perché il papà, da sempre è un’idea, un rifugio, un’eredità che respira e cammina accanto a noi.
Pensiamo alla dolcezza ruvida e severa di Giuseppe nelle molteplici rappresentazioni della Natività: un uomo silenzioso, capace di fare un passo indietro e al tempo stesso di essere il pilastro su cui poggia un’intera storia. Pensiamo a Rembrandt e al suo “Ritorno del figliol prodigo”: la mano del padre che accoglie, una mano grande, ampia, che avvolge e protegge, in un gesto che è perdono ma anche riconoscimento, amore senza condizioni. Credo sia proprio questo il destino segreto di ogni padre. Essere quel porto sicuro in cui si può sempre tornare. In una sola parola “casa”.
Si pensi all’immagine della forza dirompente del gruppo scultoreo in marmo di Laocoonte e i suoi figli, conservato ai Musei Vaticani, che rappresenta l’episodio epico narrato nell’Eneide in cui il sacerdote troiano cerca di difendere i suoi figli assaliti dai serpenti marini.

Poi c’è Caravaggio che ah dipinto un’altra idea di padre, quello disperato di Isacco, Abramo, colto nell’istante tragico durante la massima prova. Una lama sollevata che non colpisce, una mano trattenuta: il padre che ama e il padre che deve obbedire, in un cortocircuito emotivo che è il cuore stesso del ruolo paterno. Essere guida, ma anche rinuncia, forza ma anche sacrificio.
E poi ci sono i padri quotidiani, quelli che l’arte ci ha restituito nei gesti umili di Jean-François Millet, nelle scene familiari degli Impressionisti, nei volti severi e teneri dei contadini di Van Gogh. Padri con le mani sporche di terra e di fatica, con la schiena curva, con lo sguardo attento a insegnare, a tramandare, a proteggere. Padri che accompagnano per mano i propri figli, fino a quando i figli possono camminare da soli e poi li osservano con occhi sognanti mentre percorrono la loro strada lungo il sentiero tortuoso della vita.
Perché ogni padre è un artista, anche senza saperlo. Ogni padre dipinge il proprio figlio con i colori dell’esperienza e della cura, scolpisce la sua anima con la pazienza e l’attesa. E chi ha avuto un padre che ha saputo esserlo fino in fondo, lo sa: il padre è il primo maestro, il primo custode, il primo faro. La prima opera d’arte che si ama per sempre.
Oggi, 19 marzo, celebriamo loro, i padri di ogni tempo. Quelli che ci sono, quelli che sono stati e quelli che hanno lasciato nei loro figli la scia luminosa. L’arte ha cercato di raccontarli. Ma la verità è che ogni padre è un capolavoro irripetibile, inciso nel cuore di chi lo ha amato.
E io, che sono papà, so che essere chiamato “papà” è una delle emozioni più belle che la vita mi abbia riservato.
Alberto Moioli