La Madonna di Barocci a Milano

L’abbraccio della bellezza: la Madonna di Barocci a Milano

Milano si è risvegliata a dicembre sotto il velo della bruma invernale, e il cuore della città, come ogni anno, si apre alla bellezza. Palazzo Marino, con la sua Sala Alessi, diventa teatro di una celebrazione non solo artistica, ma profondamente umana: quella del dialogo tra passato e presente, tra sacro e profano. Quest’anno, protagonista di questa liturgia visiva è la “Madonna di San Simone” di Federico Barocci, una pala d’altare che parla con la forza di una preghiera e la dolcezza di una ninna nanna.
Federico Barocci, artista urbinate erede della grande tradizione di Raffaello, ha scelto di rimanere legato alla sua terra, Urbino, controcorrente rispetto alle aspirazioni cosmopolite dei suoi contemporanei. In questa scelta si legge non solo un carattere intimo e radicato, ma anche una visione: quella di un’arte che sa abbracciare senza clamore, che racconta la santità della quotidianità attraverso la grazia delle sue pennellate.

Questo capolavoro è in genere conservato nel meraviglioso Palazzo Ducale di Urbino, un luogo che Baldassarre Castiglione così descrisse: “Federico – da Montefeltro – edificò un palazzo, secondo la opinione di molti, il più bello che in tutta Italia si ritrovi; e d’ogni opportuna cosa sì ben lo fornì, che non un palazzo, ma una città in forma di palazzo esser pareva”

Madonna di San Simone Di Federico Barocci

La Madonna di San Simone, dipinta tra il 1566 e il 1567, è un’opera che incanta per la sua capacità di equilibrare emozione e narrazione. Qui, la Vergine, col Bambino tra le braccia, non è una regina distante, ma una madre che insegna a suo figlio a leggere, rivelando una tenerezza quasi commovente. Barocci attinge a piene mani dalla lezione del Correggio, restituendoci una scena vibrante di intimità e dinamismo. San Simone e San Giuda, ai lati della Vergine, portano i segni del loro martirio, testimoni di una fede vissuta con particolare dedizione. Ma è nei dettagli che Barocci si svela completamente: i ritratti dei committenti in un angolo, piccoli e devoti, ci ricordano che questa scena è, prima di tutto, un atto d’amore e di riconoscenza.

Il colore, in Barocci, non è mai casuale. È musica che si trasforma in luce, armonia francescana che attraversa la tela e arriva al cuore. Ogni sfumatura sembra cantare un inno alla creazione: uomini, piante, animali convivono in un equilibrio quasi edenico. In questo, Barocci diventa profeta di un’arte che non separa, ma unisce, che non impone, ma sussurra. 

Il disegno preparatorio esposto accanto alla pala, con i suoi tratti incisivi e le linee di carboncino, è un invito a entrare nell’officina dell’artista, a scoprire il processo di genesi di una visione. Si percepisce lo studio, la cura ossessiva del dettaglio.

Questa mostra non è solo un omaggio a Federico Barocci; è una riflessione sul significato stesso dell’arte. In un mondo frenetico e sempre più distante dalla contemplazione, la Madonna di San Simone ci invita a rallentare, a fermarci davanti al mistero dell’umano. È un appello a far pace: con noi stessi, con gli altri, con quella dimensione di sacralità che, forse, abbiamo dimenticato.

Milano, che fu crocevia dell’arte internazionale grazie a figure come Federico Borromeo, si fa ancora una volta custode di questa memoria, offrendo ai cittadini e ai visitatori un dono che va oltre il tempo. Palazzo Marino diventa così un santuario laico, dove le corde affettive dell’uomo moderno possono risuonare con quelle del Rinascimento, in un dialogo che ci ricorda quanto l’arte sia, sempre, specchio dell’anima.  Un bel modo per riaffermare ancora una volta la centralità della bellezza dell’arte.

alberto moioli (31.12.2024)

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