La rivoluzione di Henri Cartier-Bresson al MUDEC

Alla vigilia della mostra di Henri Cartier-Bresson, considerato, a ragione, uno delle più autorevoli firme della storia della fotografia, vien da pensare a quanto è stato scritto riguardo alla sua straordinaria ascesa.

Il fotografo ha imposto la mondo uno stile che ha ispirato un’intera generazione di futuri professionisti, ha saputo raccontare l’attualità con foto-reportage realizzati con la sua inseparabile LEICA con l’obiettivo 50mm, quello che si avvicina maggiormente alla visione dell’occhio umano. Forse non tutti ricordano che questa meravigliosa storia, costellata da riconoscimenti ed esposizioni allestite nei più importanti musei del mondo è iniziata con una raffinata cultura artistica nel desiderio di diventare un grande pittore.

Alla fine della giornata, la gente in coda spera ancora di poter acquistare oro.
Shanghai, 23 dicembre 1948
Gelatin silver print, 1970s
© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos

Grazie alla madre, Marthe Le Verdier, conosce e studia la grande letteratura di Rimbaud, Joyce, la musica classica e, grazie allo zio pittore, il mondo dell’arte attraverso i protagonisti di allora, Chagall, Matisse e Giacometti. Louis Cartier Bresson (1883-1915), sconosciuto al grande pubblico, è lo zio di Henri, colui il quale ha il grande merito d’avergli stimolato il desiderio di studio e ricerca nell’ambito espressivo artistico. Un amore che non abbandonerà mai perché dopo una lunga stagione, impegnato a divenire l’interprete di un nuovo fotogiornalismo appassionante ed emozionante, tornerà a dipingere e disegnare con particolare maestria.

 

 

Henri Cartier-Bresson, ha scritto alcune delle più belle pagine della storia della fotografia, ha alimentato il dibattito intellettuale che l’ha portato a dialogare con i surrealisti, a riflettere sui pensieri legati alla metafisica e a confrontarsi con un mondo in cui la velocità del cambiamento, sociale e strutturale, era più che mai evidente.

La leggendaria “Magnum Photos” che fondò il 24 aprile 1947 insieme agli amici Robert Capa e David “Chim” Seymour è l’avvio di un’avventura fotogiornalistica che rimarrà un esempio visionario per tutti.

Osservare oggi con attenzione gli scatti di Cartier- Bresson equivale ad immergersi cuore e anima nella storia attraverso il celebre “moment décisif”, quello che cristallizza in un solo attimo tutta la storia ripresa dall’obiettivo, mettendo “occhio, cuore e mente” sulla stessa linea, come ci ha raccontato Ferdinando Scianna nel suo celebre libro, “Obiettivo Ambiguo” nel 2001.

Dalla prima esposizione americana nel 1933, alla Julien Levy Gallery di New York, quando gli scatti di Bresson furono apostrofati come “fotografie antigrafiche”, ai giorni d’oggi , il percorso è lungo e ci insegna come la professionalità e la perseveranza può premiare seriamente.

Una delle tappe della sua carriera più affascinante è quella cinese tra 1949 e 1950, inviato dalla rivista Life a documentare la caduta del Kuomintang (Partito Nazionalista Cinese), e successivamente nel 1958 con il “grande Balzo in avanti” celebrato da Mao Zedong.

Una storia esposta oggi presso le autorevoli sale espositive del Museo Mudec di Milano (18 Febbraio-3 Luglio) con la cura di Michel Frizot, storico dell’Université Paris-IV, alla École du Louvre e la storica dell’arte cinese Ying-Lung Su.

La visita a questa mostra è un viaggio che ognuno di noi può compiere imboccando diversi sentieri emozionali ma non con indifferenza, la fotografia è eccitante, perversa, oscena – affermava Leo Longanesi – e richiama tristi immagini: non desta pensieri di redenzione; è soltanto un’immagine profana; la fotografia è, talmente vera da togliere ogni illusione. E quale più triste mondo di una realtà senza illusioni”.  Gli scatti esposti al Mudec non sono però solo fotografie, sono opere d’arte, capolavori narrativi che toccano, secondo me, le corde più profonde di chi sa lasciarsi coinvolgere ed accompagnare nel fascino del bianconero di Henri Cartier-Bresson.

China Welfare, opera di carità di Madame Sun Yat-sen: bambini aspettano la distribuzione di riso.
Shanghai, marzo 1949
Gelatin silver print, 1970s
© Fondation Henri Cartier-Bresson / Magnum Photos
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Nel 1948 Cartier-Bresson arrivò a Shangai con un programma di lavoro di due settimane che però si prolungò per 10 mesi, durante i quali realizzò alcuni fotogrammi che son diventati autentiche icone, opere che da sole riescono a raccontare una lunga storia collettiva. Tra le celebri opere esposte anche uno scatto, “China welfare”, che ritrae bambini in fila in attesa di poter accedere ad una piccola razione di riso a Shangai nel 1949, al centro due occhi innocenti di un bambino che riescono a raccontare il dramma, la speranza, la rassegnazione di un intero popolo umiliato.

 

In uno scatto si può trovare il pretesto benefico per riflettere su noi stessi, per confrontarsi con gli errori della storia e per beneficiare della bellezza e della poesia che ogni fotografia di Henri Cartier Bresson suscita.  Al Mudec sono esposte oltre 100 stampe originali e materiali d’archivio di grande rilievo a disposizione di chi accetta di lasciarsi contaminare dalla bellezza dell’arte.

A cura di

Alberto Moioli

 

www.mudec.it

 

 

 

 

 

 

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