Raccontare il Futurismo oggi non è solo ancora attuale ma sempre più interessante e accattivante. Studiare questo fenomeno, straordinario e assolutamente rivoluzionario, offre anche molti spunti per provare ad osservare da un punto di vista un po’ più ampio e distaccato la realtà contemporanea, partendo da un punto rottura violento, determinante e decisivo con il passato.
Il Futurismo non fu solo un movimento che ha stravolto e rimescolato le carte nel mondo della letteratura, dell’arte, della musica, della poesia, è stato molto di più, perché è entrato nelle case delle persone ed ha offerto a tutti una nuova idea di libertà in un mondo stretto nella morsa dei nazionalismi di allora.
Filippo Tommaso Marinetti diffuse il Manifesto del Futurismo, un documento straordinario, dirompente che fu pubblicato su Le Figarò perché l’autore stesso voleva che le sue idee potessero avere la maggior diffusione possibile, un eco mediatico internazionale. Si consideri che sono gli anni controversi delle avanguardie in cui il dialogo era quanto mai apertissimo tra i cubisti e gli stessi futuristi la cui mostra del 1912 alla Galleria Bernheim-Jeune ne amplificò indubbiamente le peculiarità ideologiche.
In realtà l’uscita internazionale benché reale e documentata era il frutto dell’entusiasmo e dello slancio, decisamente futurista di Marinetti, che non poteva attendere che ne parlassero i giornali italiani che erano stati per primi informati ma stavano ancora seguendo da vicino uno dei disastri sismici più catastrofici del XX secolo, il terremoto di Messina.
Le ricerche contemporanee sul Futurismo hanno rivelato che tra i primi a pubblicare il Manifesto di Marinetti furono la “Gazzetta dell’Emilia”, “il Giorno” di Napoli e addirittura, forse primo fra tutti, l’Arena di Verona. Il genio inventore del Futurismo, fu uomo d’azione assoluto, si narra che nei primi giorni del 1909 corse a Parigi a corteggiare la bellissima figlia egiziana dell’editore de Le Figarò per ottenere la pubblicazione integrale del Manifesto. Marinetti piantò poi in asso la giovane il giorno immediatamente successivo alla pubblicazione degli 11 punti del documento, che avvenne il 20 Febbraio 1909.
La storia che si racconta attorno al futurismo coinvolge tutte le arti, attraverso una lunga serie di Manifesti, tra i quali si trovano anche quelli della matematica e dell’astronomia, tutti coinvolti in un processo creativo che segue le straordinarie innovazioni tecnologiche rivolte alla velocità e al desiderio di “guardare avanti”.
Attraverso le opere esposte si riesce ancora oggi ad assaporare l’atmosfera, i disegni e i dipinti che rievocano atmosfere colme di passioni e slanci straordinari, ma anche il dramma di un periodo di guerra molto duro e drammatico.
Il mondo dell’arte perde prematuramente Umberto Boccioni nel 1916, una scomparsa per Marinetti dolorosissima, nello stesso anno, neanche tren
tenne, si spegne anche l’architetto Antonio Sant’Elia che nella mostra romana lo ritroviamo con un suo straordinario progetto di un edificio monumentale del 1014 (inchiostro di nero di seppia, matita e acquarelli). L’opera dell’architetto, che è stato protagonista nel 2016, (anno in cui si è celebrato il centenario della scomparsa) di una grande mostra a Como, tutt’oggi è studiata e analizzata e le sue intuizioni sono ancora attuali, prolungando così idealmente all’infinito l’influenza espressiva futurista.
L’idea contemporanea tutta italiana che prevede di sfruttare l’enorme patrimonio storico, artistico, architettonico e intellettuale per far ritrovare il senso identitario e sul quale costruire un futuro migliore, forse sarebbero oggi in netto contrasto con le idee di Filippo Tommaso Marinetti e Gabriele D’Annunzio le cui storie, aneddoti e riflessioni sono straordinariamente analizzate e raccontate dallo storico Giordano Bruno Guerri che quest’anno celebra i 10 anni di vincente Direzione del Vittoriale degli Italiani.
a cura di Alberto Moioli