A quattro anni di distanza ricordo l’uomo, l’artista e l’amico con il testo fin’ora pubblicato solo nel catalogo che accompagnò la mostra antologica del 2016.
Ciao Fiorenzo,
Alberto
Villa Cusani Tittoni Traversi di Desio ospita la grande mostra antologica di Fiorenzo Barindelli, attraverso opere che tornano a riempire le eleganti le sale progettate dall’Architetto Giuseppe Piermarini.
Oggi la situazione è assai differente, purtroppo. Fiorenzo Barindelli non potrà essere fisicamente presente, ma lo sarà con le sue opere e la sua anima che indubbiamente hanno fornito la forza morale e fisica nella preparazione di ogni dettaglio. La moglie Agnese ha fortemente voluto questo evento in memoria di Fiorenzo, e realizzato grazie anche all’infaticabile amico e storico fotografo, Pietro Barna, che ha fornito un supporto determinante.
Nel mese di Luglio 2011, insieme a lui, avevo iniziato un percorso progettuale che si stava allargando anche alla Germania da cui giungevano consistenti segnali di interesse da un importante archivio storico legato ad un istituto bancario. Fu in quel periodo che a Cesano Maderno incontrammo i responsabili tedeschi, senza però avere la possibilità di concludere i progetti che avevamo avviato per l’aggravarsi della malattia che avanzava.
L’interesse suscitato era determinato dalla maestria progettuale e artistica di Fiorenzo, ma anche e soprattutto dallo spessore espressivo più ampio, dalla storia e dalla dimensione umana che era giunta fino a Berlino.
L’approccio da Architetto sempre attento ad ogni dettaglio, la sensibilità creativa e la capacità innata di coinvolgimento di amici e colleghi in progetti sempre ambiziosi e concreti, hanno fatto di Fiorenzo un personaggio unico e sicuramente indimenticabile.
La passione travolgente che animava ogni suo slancio aveva la capacità di annullare all’istante ogni possibilità di rinuncia, il suo viso si illuminava e il progetto era come se fosse già scritto e pronto per attuarsi, impossibile per chiunque non restarne coinvolto.
Studiava, leggeva e amava mettersi in gioco, come Seneca era conscio che la vita è un incessante costruzione di ponti, una rete di amici e colleghi con i quali collaborare, aiutava ed insieme costruiva sempre e costantemente nuovi progetti.
Nell’antologica di Villa Tittoni saranno esposte quasi cinquanta opere con lo scopo dichiarato di voler ricostruire, anche se solo sinteticamente, il percorso artistico di Fiorenzo.
La mostra si apre con le opere dalle quali emergono i primi studi grafici, dai quali si percepisce l’influenza che ricevette inizialmente da Roberto Villa, un amico al quale ha dedicato anima e corpo anche dopo la sua prematura scomparsa avvenuta nel 1981. L’influenza di Villa appare evidente nell’espressione delle opere del 2005 e 2006, periodo molto importante nel percorso di Fiorenzo.
E’ da queste opere che prende avvio un percorso evolutivo dell’artista che assume particolare rilievo nel panorama creativo italiano in virtù della capacità di riunire nel suo incontenibile slancio umano e imprenditoriale le passioni per l’architettura, la pittura, il collezionismo e gli amici.
Gli studi di architettura hanno fatto emergere senza dubbio la propensione di Fiorenzo per la costruzione delle sue opere dal punto di vista compositivo, la sua personale capacità di concentrarsi sui dettagli quasi invisibili, una cura maniacale ma assolutamente necessaria per la buona riuscita di ogni sua creazione. Era sufficiente un’imperfezione millimetrica o una sfumatura di colore non perfetta per rendere vano tutto il lavoro durato anche mesi. Fiorenzo si affidava a validi assistenti nel suo studio, con i quali aveva un rapporto d’amicizia e fiducia molto forti, un segno distintivo che ha sempre caratterizzato un modo di fare che oggi viene ricordato e riconosciuto da tutti.
Ricordo ancora oggi con molta emozione quanto la sua forza d’animo era rimasta intatta quando cercava di confortarmi sul suo stato di salute, progettando insieme una mostra che avremmo dovuto organizzare a fine 2012 in Brianza e che lui voleva preparare con grande cura, come sempre.
Era impossibile non essere contagiati dalla sua travolgente passione quando entrava nell’affascinante studio dove dipingeva, circondato da grandi tavoli sui quali appoggiava le tele in lavorazione. Mi son sempre chiesto come facesse a lavorare a più opere contemporaneamente e restare sempre lucido nei conteggi, nei calcoli a volte difficilissimi, differenti per ogni opera. La cornice, quella del suo studio, composta da un’infinità di barattoli che contenevano i colori dell’opera in lavorazione, ognuno una tonalità differente di colore, la cui intensità era calcolata con metodi scientifici precisissimi. Lo scotch che seguiva le linee e gli spazi per il colore sempre più stretto e definito, le matite, tutti elementi che facevano parte del lavoro di ogni opera, materiali che al termine di ogni lavoro venivano rinchiusi in una scatola sigillata di plexiglass e seguivano la tela dipinta: un’intuizione poetica molto intensa e molto apprezzata. I materiali di consumo utilizzati per la realizzazione lavoro che seguiva l’opera stessa nel museo o nella collezione privata, appare un po’ come se una parte dell’anima dell’artista non si staccasse mai dal suo dipinto.
Da qui, dalla magia che nasceva nello studio di Fiorenzo Barindelli, hanno preso forma le idee e le opere che oggi possiamo ammirare, creazioni che rendono l’artista immortale nella mente e nel cuore di chi ha avuto il piacere e l’onore di conoscerlo e frequentarlo.
Appaiono così sul percorso dell’artista i famosi RING, in cui le linee e i colori si inseguono sulla tela attraverso curve che creano effetti che lo avvicinano sempre più a quella corrente Optical Art che conta molti estimatori in tutto il mondo. In alcune di queste opere appare anche la Stella di David, una scelta molto forte dell’artista che in questo modo sfonda il muro ipotetico del puro gusto grafico per alimentare l’opera anche con un riscontro filosofico più profondo, attraverso il quale l’azzurro assume un significato più spirituale proprio grazie al dialogo offerto con il simbolo antichissimo. Simbolo che fu Sigillo di Salomone, letto come rappresentazione dell’unione tra il cielo e la terra con l’intreccio di due triangoli (che rappresentano l’acqua e la terra, l’aria e il fuoco) a formare un esagono che nel linguaggio dei simboli assume il significato del peso dell’uomo, stabile, consapevole e responsabile di tutti gli elementi che ruotano attorno, spirituali e terreni. Elementi d’energia positiva e coscienza creativa che rendono onore all’artista e all’uomo impegnato a rappresentare attraverso l’arte la sua “necessità interiore”.
Merita particolare attenzione anche la scelta dei colori che caratterizzano alcuni periodi espressivi molto particolari, dai gialli, ai verdi, agli azzurri fino ad arrivare ai rossi, dai quali è nato il periodo straordinario dei Cartièr. INSERIRE LA FOTO DELLA DEDICA CARTIER Tali innesti di colore hanno contribuito ad impreziosire ulteriormente un periodo già particolarmente prolifico.
Tra i periodi da non dimenticare vi è quello relativo ai “diamanti”, fino ad arrivare al periodo riguardante le “estroflessioni ottiche” che Fiorenzo ha portato avanti fino agli ultimi giorni di vita.
I “grigi di Fiorenzo”, giochi ottici raffinati e sempre più complessi nella realizzazione e progettazione, negli ultimi anni sono stati estremamente eleganti e coinvolgenti allo stesso tempo. Ci sono opere che, se osservate a lungo, riescono a rivelare allo spettatore trame e percorsi che ora affondano idealmente nella tela per poi riemergere fino a scomparire di nuovo, creando un movimento costante che arriva fino al cuore. Effetti che riescono a donare alle opere un senso di profondità e movimento, caratteristiche che valorizzano lo stile dell’artista, rendendo riconoscibile e unico nel suo genere, tanto da riuscire a donare sensazioni di benessere ed energia lasciandoci coinvolgere dall’opera affinché le linee e i colori agiscano sulla nostra anima. Forse in questo modo potremmo sentire il ritmo delle opere che batte il tempo, del cuore di Fiorenzo.
Nel 1989, la passione lo travolse per il collezionismo degli Swatch, quando decise di fare un regalo ai suoi collaboratori e inevitabilmente nacque un’idea che ben presto si concretizzò e, come nel suo stile, perseguì l’idea fino a renderla imponente. Ottenne un riconoscimento straordinario per la sua collezione entrando nel Guinness World Record, da qui un’incredibile serie di incontri da Papa Giovanni Paolo II (Karol Wojtyła), Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger), fino a Madre Teresa di Calcutta e molti altri. Il 16 Marzo 2003 Fiorenzo inaugurò il primo Swatch Art Museum in the World.
Il 7 marzo 2009 a Cesano Maderno Fiorenzo celebrò un’altra sua grande intuizione: 1000 Artisti a Palazzo. “L’incontro con amici artisti – raccontava Fiorenzo – mi ha indotto ad intraprendere un lavoro di raccolta di opere”.
L’Intuizione di Fiorenzo fu quella di riunire più artisti contemporanei, operazione da molti definita titanica ma nella quale lui credette sin dal primo istante, il risultato fu straordinario e mille artisti risposero entusiasti, creando un evento che resterà nella storia e nella memoria di tutti. Una raccolta poetica, provocatoria, che si fonda in diverse culture.
Il 29 Settembre 2006 a Desio, Villa Tittoni ospitò un’importante retrospettiva dell’artista. A dieci anni di distanza ho l’onore di poter presentare parte del patrimonio artistico di Fiorenzo, unitamente alle opere dell’ultimo fondamentale periodo.
Riconosco oggi l’immenso peso di dover presentare le opere di Fiorenzo senza la sua straordinaria carica di simpatia, l’umanità e l’energia che solo lui sapeva offrire a chi gli stava accanto.
Non basterà un libro, forse neanche due, per raccontare chi fosse davvero Fiorenzo Barindelli. Questo libro vuole lasciare nella memoria di chi lo legge un forte ricordo dell’artista e ancor più dell’uomo.
Non si possono tralasciare i premi che ha ricevuto nella sua lunga carriera, non si possono dimenticare tutti gli amici che sono stati una parte determinante della sua vita, ricordare i tanti che ha aiutato e quelli che, con estrema sincerità, lo hanno vissuto e gli sono stati vicini.
Penso che oggi davanti a tutto ciò Fiorenzo, mi ripeterebbe quella frase che gli ho sentito dire molte volte quando chiacchieravamo: “Vedi Alberto, vedi quante persone mi vogliono bene, sicuramente sentono quanto io ne voglio a loro”.
Grazie infine al Prof. Pier Franco Bertazzini per la vicinanza sincera e il testo critico del libro.
Grazie ad Agnese, infaticabile moglie di Fiorenzo, per aver voluto, creduto e fortemente stimolato questo progetto, e per avermi affidato il compito di ricordare con le mie parole un uomo speciale e un amico.
“Grazie Fiorenzo”
Alberto Moioli
testo pubblicato sul volume monografico che ha accompagnato la mostra antologica del 2016 a Villa Tittoni di Desio (MB)