Si pensi al dipinto che è entrato nell’immaginario collettivo per la poesia, la santificazione della terra e del lavoro rurale anche come metafora della vita stessa. L’Angelo di Jean Francois Millet fu dipinto qui, a Barbizon nel 1858/59 ed oggi conservato tra le opere di maggior prestigio nel Museo d’Orsay di Parigi. E’ forse l’opera più nota del pittore e forse quella che più ha affascinato anche me da quando la studiai in vista di una importante e straordinaria reinterpretazione del pittore Gaetano Orazio.
Sen Shombit, artista francese di origini indiane è un artista dotato di grande sensibilità, il suo gesto artistico (che ha anche dato il nome al moviemento internazionale GESTURISM), non poteva non restare affascinato dalla magia, dalla poesia e dalla storia che si respira a Barbizon. Un luogo in cui lo stesso Millet con Theodore Rosseau fondarono la celebre Scuola di Barbizon, a soli 50 km da Parigi. L’iniziativa attirò l’attenzione di artisti come lo stesso Vincent Van Gogh, Monet, Renoir, Sisley e Bazille per una stagione in cui sono state scritte alcune delle più belle pagine della storia dell’arte.
Oggi nel cuore di Sen Shombit batte un cuore diviso a metà tra India, paese d’origine dove ha sede la sua celebre Casa Museo a Bangalore, e la Francia dove Parigi e Barbizon l’hanno accolto e coinvolto contagiando la sua creatività ed alimentando l’alchimia che vede convivere magicamente i colori tipici dell’India con la lirica impressionista.
Tre volte al giorno batteva la campana, chiamata appunto Angelus, e nei campi tutti si fermavano a pregare, a ringraziare i doni dell’agricoltura, il dono del lavoro, il dono della vita. Così è nato uno dei più grandi omaggi alla vita di sempre.
“L’angélus est un tebleau que j’ai fait en pensant comment, en travaillant autrefois dans les champs, ma grand-mère ne manquait pas, en entendant sonner la cloche, de nous faire arrreter notre besogne pour dire l’angélus pour ces pauvres morts” Francois Millet 1865
L’angelo di Millet dipinto da Sen Shombit si differenzia per scelta cromatica, tecnica e dimensioni ma contiene lo stesso intento poetico, la stessa intima riflessione attraverso la quale, l’artista franco-indiano, riesce a distiguersi con un “gesto” che gli appartiene e lo caratterizza in ogni suo lavoro.
Oggi una parte delle opere di Sen Shombit entra nel mondo che fu di MIllet, nella Collezione permamente del Centro Culturale Francese di Barbizon, per rimanerci per sempre.
Articolo tratto da IL CORRIERE QUOTIDIANO – SPECIALE ARTE – di Alberto Moioli
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